La tesi è affascinante e al tempo stesso disorienta un po’. In un’ipotetica opera di rivalutazione del gigantesco silos di Foggia, oggi nel più completo abbandono, potrebbe aprire un grande museo della cultura contadina ma ci sarebbe anche spazio per attività residenziali e commerciali. La proposta è dell’architetto Mauro Sàito che ha curato un’interessantissima mostra sul ‘900 architettonico di Puglia approdata anche a Foggia (fino al 5 novembre, biblioteca Magna Capitana). Ma andiamo con ordine. Il silos, ancorché in disuso da decenni, è ancora il più grande d’Europa, monumento alla storia della provincia più agricola del Mezzogiorno. Che sta morendo nel più completo abbandono: peccato che solo i foggiani (salvo rare eccezioni) non ci pensino. Quel silos è considerato tra le migliori architetture di Puglia del ‘900: «Non possiamo lasciarlo morire – dice nella nostra intervista Sàito, presidente della sezione di Puglia e Basilicata di “Do.co.mo.mo.” – può essere rilanciato in chiave cultural-residenziale».
Ma il sito non è figlio di nessuno, viene acquistato nel 1993 da una società privata. Per farne cosa? Il poderoso fabbricato (alto 30 metri, 450mila quintali di stoccaggio) è tra le opere più intriganti della mostra organizzata dall’associazione per la documentazione e la conservazione degli edifici e dei complessi urbani moderni. Anche per il messaggio contenuto nella scheda di presentazione: «Il Consorzio Agrario ad esso adiacente cede la proprietà a una società privata portatrice di interessi fortemente speculativi che mirano alla realizzazione di nuovi edifici residenziali».
Il presidente dell’associazione teme che il poderoso silos, inaugurato nel 1939 e «testimonianza notevole della tecnologia del tempo», non meriti di sbriciolarsi e cadere in pezzi come il suo quasi gemello di Gravina, abbattuto proprio di recente dopo il via libera della Soprintendenza. «Non corre lo stesso pericolo perché l’edificio è ancora ben solido, ma nulla è eterno. Parliamo di un sito – aggiunge Sàito – grande e disponibile. Si può pensare a una sua rivalutazione in chiave culturale e mettervi dentro anche una struttura di residenza». Una tesi mai presa in considerazione finora a Foggia, ma che prende spunto da alcune esperienze di questo tipo attuate in tutto il mondo. «Il “Cobe the silo” di Copenaghen è diventato il nuovo punto di orientamento della capitale danese – afferma l’architetto – l’ex pastificio Pantanella di Roma è stato riconvertito a uso commerciale e industriale. Un altro esempio sulla possibilità di riuso del grandioso silos di Foggia è data dallo “Zaitz moca museum of modern art” di Città del Capo, il più grande museo di arte contemporanea del Sudafrica. Foggia non ha un museo d’arte contemporanea, ci si potrebbe pensare. E poi – conclude Sàito – questi edifici meritano di essere rivalutati, in Puglia è accaduta la stessa cosa con l’ex tabacchificio progettato da Nervi. Opere della cultura e tradizione di un popolo e di un territorio. Perché metterci sopra un palazzo quando ce ne sono già tanti in giro?».