La storica fontana di Foggia, destino in comune con la torre Eiffel

 

La fontana di piazza Cavour, di cui oggi si celebrano i primi cento anni (nella foto la celebre copertina della Domenica del Corriere, 6 aprile 1924), ha avuto un destino comune a quello della Torre Eiffel. Paragone forse irriverente, ma a parlare è la storia: anche l’ardito busto in cemento armato foggiano doveva infatti essere smantellato a festeggiamenti conclusi, proprio come il celebre monumento simbolo dell’Esposizione universale di Parigi, anno 1889, che ha accompagnato poi i fasti della Belle Epoque parigina nel mondo. A un destino provvisorio era legata anche la fontana del Sele (dal nome del corso d’acqua campano che la riforniva), che sarebbe stata smantellata di lì a pochi anni per far posto a un più consistente monumento, raccontano le cronache dell’epoca. Sebbene fosse già consegnato alla storia il primo zampillo, il 21 marzo 1924: quel giorno il capoluogo della Capitanata fu collegato per la prima volta alla rete idrica dell’EAAP, l’Ente autonomo acquedotto pugliese. E cominciò l’epoca della modernità, nonostante la Seconda guerra mondiale avrebbe inflitto lutti e distruzioni alla città messa in ginocchio. La fontana rappresenta il simbolo di riscatto di un popolo e l’inizio della civiltà urbana. Fu anche il momento che segnò il passaggio dalla ruralità contadina all’assetto di città, passaggi che per il capoluogo dauno sono legati al governo fascista e all’autoritarismo di quegli anni nonché a una figura decisiva quale fu il gerarca foggiano Gaetano Postiglione, ingegnere laureato al Politecnico di Milano, molto attivo nel mondo sindacale di quegli anni. Fu proprio Postiglione, da regio commissario dell’Ente Autonomo per l’Acquedotto pugliese a sancire la provvisorietà… «eterna» della grande fontana a cinque punte. Non è chiaro se fu la morte prematura di Postiglione (nel 1935 a soli 43 anni, tre anni dopo aver lasciato la guida dell’EAAP) a impedire la nascita di un nuovo monumento in sostituzione della fontana, oppure la guerra ancora lontana eppure imminente di lì a poco. Sta di fatto che quella specie di Stella Maris (le punte corrispondono agli stradoni che immettono sulla piazza) ha resistito anche ai giudizi più grossolani del tempo. Un’opera essenziale, imperiosa e austera, progettata in cemento armato dell’ingegner Cesare Brunetti, lo stesso che realizzò il palazzo dell’Acquedotto a Foggia e palazzo Cognetti a Bari, diventata ben presto il luogo dell’anima dei foggiani, testimone della storia cittadina e simbolo di resilienza per essere rimasta stoicamente in piedi dopo i pesanti bombardamenti che nel luglio e nell’agosto del 1943 inflissero alla capitale del Tavoliere pesanti trasformazioni dell’assetto architettonico e urbanistico del centro cittadino. 

Gli storici raccontano che Foggia non fu la prima città del Tavoliere ad essere servita dall’acqua corrente: «Il 7 ottobre 1923 l’acqua arriva a Cerignola, il 21 marzo 1924 a Foggia, il 19 giugno 1927 a Lucera, il 25 marzo 1928 a Torremaggiore e a San Severo, il 21 aprile 1929 a Manfredonia. La gestione di Gaetano Postiglione – leggiamo dal libro “Il Tramonto dell’urbano” della sociologa Fiammetta Fanizza – pone le premesse per estendere la rete idrica a comuni foggiani non contemplati dalla legge istitutiva dell’Ente. Alla fine del suo mandato, il 13 agosto 1932, la percentuali di comuni serviti dall’acquedotto è pari al 70%. E per i comuni che non rientrano nella sfera del servizio offerto dall’EAAP, l’amministrazione dell’acquedotto interviene prestando la propria struttura per la progettazione e la costruzione di acquedotti locali, come nel caso di Sant’Agata di Puglia e di Accadia. Particolarmente imponente l’impianto di sollevamento di Monte Sant’Angelo, sul promontorio Garganico, che serve a superare un dislivello di circa 900 metri e che, quel tempo, costituisce fra gli acquedotti esistenti, l’impianto a più alta prevalenza». 

 

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