E se alla fine fosse proprio il centrosinistra ad augurarsi l’arrivo del commissario al comune di Bari? Fra tre mesi si vota per il dopo Decaro, ma l’appuntamento con le urne sembra essere diventato all’improvviso un intralcio per chi fino a poche settimane fa gridava al complotto ordito dal governo, a seguito dell’invio della commissione di accesso agli atti a palazzo di città per verificare l’esistenza di infiltrazioni mafiose dopo 130 arresti per mafia. La commissione è al lavoro, tre mesi per decidere salvo proroghe. Ma adesso siamo al paradosso: i partiti di centrodestra, che avevano platealmente sollecitato il ministro dell’Interno a investigare sul caso-Bari, ora sembrano più tiepidi sull’esito della verifica amministrativa e fiutano l’aria di un possibile ribaltone dopo la frattura Pd-5 stelle. Il ribaltone per intanto l’ha fatto Conte, mandando gambe all’aria le primarie sulla questione morale («non scendiamo a patti su certi argomenti»), ma fiutando aria di commissariamento e un buon tornaconto alle Europee. Il Pd, rimasto con il cerino in mano, è in mezzo al guado: Schlein rinnova la fiducia del Pd al candidato Vito Leccese, ma senza campo largo si va a sbattere. E ricomporre i cocci nell’immediato sarà difficile. E allora, che si fa? Ammesso che il Partito democratico ritorni all’alleanza con i grillini, ci vorrà del tempo e forse un terzo nome per sbrogliare la matassa barese. Ecco dunque l’auspicio (ventilato) di un rinvio tra iscritti e simpatizzanti, mentre le segreterie continuano a recitare il mantra del voto.
L’ipotesi di un rinvio in ogni caso è già nelle cose tenuto conto che la commissione di accesso agli atti, insediata il 25 marzo 2024, finirà il suo lavoro (3 mesi) ampiamente dopo le elezioni previste l’8 e il 9 giugno. E con la spada di Damocle del commissariamento sulla testa si preannuncia una corsa ad handicap per entrambi gli schieramenti.
Ma se oggi il centrosinistra si disintegra, scosso dagli arresti per presunto voto di scambio (il marito dell’assessore regionale Maurodinoia, dopo gli arresti di febbraio della coppia Olivieri e signora), le ultime vicende dimostrano come anche il centrodestra abbia fatto male i conti se pensava di capitalizzare sul piano elettorale l’invio di un accertamento «mafioso». L’implosione del centrosinistra – è il calcolo politico – avrebbe consegnato la poltrona di sindaco al centrodestra. Ammesso che la sollecitazione di parlamentari e esponenti di governo del centrodestra abbia avuto un ruolo nella decisione del ministro Piantedosi di avviare un’indagine sulla presunta mafiosità al comune di Bari. Se poi il commissariamento passasse davvero (diciotto mesi, salvo proroghe) il quadro politico si imbalsamerebbe sotto il cielo di Bari. Con effetti incalcolabili sul tornaconto dei due schieramenti, con vista sulle regionali 2025.
Sembra ripetersi nel capoluogo regionale più o meno lo scenario dell’estate 2021 a Foggia, quando al comune fu insediata la commissione di accesso (9 marzo) e il 25 maggio venne insediato il commissario Magno dopo le dimissioni del sindaco Landella. Nel tempo intercorso i partiti, Pd in testa, vaneggiavano il ritorno alle urne senza spingersi troppo oltre. Poi il 6 agosto cadde pure l’anatema del commissariamento per infiltrazioni mafiose e si spense la luce. Ma la politica cittadina era già ampiamente sotto coperta. A Bari sembra difficile che l’epilogo cambi, ma è curioso notare come il centrodestra oggi cominci a credere un po’ di più al voto di giugno (è spuntato il nome del candidato, Melchiorre, mentre Salvini rilancia su Romito). L’avessero saputo un mese fa che il centrosinistra si sarebbe inguaiato da solo, chissà dove sarebbe andata a finire la furia giustizialista sul comune barese «infestato» dalle mafie.