Concessioni balneari, un ricorso riabilita i gestori. L’avv. De Michele: «Fine di un incubo»

 

Concessioni balneari, «è la fine di un incubo per tanti imprenditori» commenta l’avvocato Vincenzo De Michele che lo scorso 26 giugno aveva patrocinato il ricorso dei “Balneari di Rimini” dinanzi al Giudice di Pace che nella sua ordinanza esprimeva quattro quesiti tutti dalla parte del balneari. Ma ora la sentenza della Corte di giustizia europea, emessa l’11 luglio, sembra rafforzare lo “statu quo” e può «fare giurisprudenza»: l’obiettivo dei balneari è infatti quello di evitare il ricorso alle gare, obbligatorie dal prossimo anno, in nome della direttiva comunitaria 2006/123/CE conosciuta come “Bolkestein” che impone il principio della concorrenza. 

Sospirano i titolari degli stabilimenti, la gran parte dei quali titolari di concessioni ultradecennali: la sentenza della Corte di giustizia europea (causa numero C598/22), stabilisce infatti che la normativa italiana non è in contrasto con le regole europee. La terza sezione ha infatti accolto il ricorso presentato dalla Società italiana imprese balneari (SIIB) contro il comune toscano di Rosignano Marittimo che chiedeva al gestore il pagamento dei canoni demaniali, maggiorati alla scadenza della concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo, ai sensi della direttiva Bolkestein. Le opere costruite dalla SIIB sull’area demaniale sono state acquisite, a titolo gratuito, dallo Stato italiano: il Comune ha di conseguenza imposto il pagamento dei canoni demaniali maggiorati. 

Ma il diritto italiano non prevede alcun canone maggiorato: il codice della Navigazione, all’articolo 49 (primo comma) stabilisce quanto segue: «Salvo che sia diversamente stabilito, quando venga a cessare la concessione le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato».

Alla luce di tali circostanze, il Consiglio di Stato aveva deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia europea la seguente questione pregiudiziale: «Date tali circostanze, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile laddove essa verte sull’articolo 49 TFUE (trattato sul funzionamento dell’Unione europea: ndr)».   

La Corte di giustizia europea risponde così al Consiglio di Stato: «Alla questione sollevata dal giudice del rinvio, dichiarando che l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione».

La norma in questione non è dunque in contrasto con il diritto europeo, afferma l’avvocato Vincenzo De Michele che insieme alla collega Gabriella Guida aveva difeso dinanzi al giudice di pace l’associazione Balneari di Rimini che aveva citato per danni patrimoniali il Comune romagnolo, a seguito della delibera di giunta del 31 dicembre 2023 che fissava il termine di scadenza di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreativa.

«Il presupposto – commenta l’avvocato De Michele – era che le concessioni entrassero nel campo di applicazione della Bolkestein, ovvero che bisogna fare le gare per i rinnovi. La Corte di Giustizia europea dice un’altra cosa: la Bolkestein non si applica perché nella fattispecie la concessione è ante 28.12.2009, data di entrata in vigore della direttiva. E siccome la quasi totalità dei gestori detiene concessioni ottenute prima di quella data, ritengo che anche tutti gli altri non dovranno fare le gare per i rinnovi. Oltretutto – aggiunge l’avv. De Michele – l’art. 49 TFUE non riguarda le condizioni di gestione degli stabilimenti, ovvero le proroghe, perché si tratta di una disciplina interna. Non vi è insomma il contrasto con la libertà di stabilimento perché si applica a tutti gli operatori giuridici. Non c’entra nulla con le gare. Per me e molti gestori di stabilimenti è un’ottima notizia e la fine di un incubo».

 

 

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