L’acqua razionata per l’agricoltura di serie B

Silenziosa e sistematica, è andata avanti in questi ultimi giorni di pre-desertificazione della campagna foggiana la razzia dell’acqua nei campi. Le imprese agricole hanno provato a pomparla a tutto spiano dalle condotte finché ce n’è stata, non a caso i consumi giornalieri sono andati progressivamente a salire fino ad oltre 1 milione di metri cubi prelevati dalla diga di Occhito. Prima che il Consorzio di bonifica della Capitanata chiudesse i rubinetti (la sera di lunedì 12 agosto) in questa estate avara e siccitosa. Lo spettacolo che si presenta davanti al grande invaso svuotato e rinsecchito è a dir poco raggelante. C’è acqua adesso, a malapena, solo per i consumi potabili e per le industrie: da qui una polemica, tenuta ancora soffocata, sull’agricoltura destinata a soccombere, mentre “le industrie meritano più attenzione di noi?”.  

Hanno provato a fare scorte per non morir di sete i nostri agricoltori nella speranza che basti. Riempiendo i vasconi, tornando a fare affidamento sui pozzi come un tempo nella speranza che la falda non si sia ulteriormente abbassata in questi tempi così ineluttabili. Aumentata la vigilanza sulle saracinesche delle condotte: si temono furti e prelievi rubati nell’immensa rete di condotte del consorzio foggiano. Scene raccapriccianti nelle campagne del Foggiano: e questo sarebbe uno tra i più importanti distretti del pomodoro d’Europa? 

Ma i produttori non si rassegnano anche se tutti si dicono disperati. Ognuno proverà ad arrangiarsi come può, vecchia tecnica dei contadini di una volta. Allora come oggi, nulla o quasi è cambiato sotto il solleone nella provincia che cent’anni fa era una palude, oggi la più agricola del Mezzogiorno. Ancora senz’acqua però. Le infrastrutture sono ferme a cinquant’anni fa, la grande diga di Occhito costruita nel 1966 resta il più importante polmone irriguo di questa provincia. Su appena 150mila ettari, ma la superficie agricola utilizzabile supera i 500mila ettari. Un’area sterminata che solo i nostri padri e i nostri nonni hanno trasformato in un kibbutz dove si coltiva di tutto. Chi è venuto dopo si è limitato a gestire il «già fatto». 

E’ mancata una seria politica di programmazione, sono tutti colpevoli: la politica cialtrona, le associazioni agricole incapaci di affrontare le sfide del cambiamento climatico, una tensione mai nata su questi temi. Eppure contro le crisi idrico-irrigue il Foggiano è andato a sbattere diverse volte negli ultimi 20/30 anni: correva l’anno 2000 quando il Consorzio di bonifica posizionò tubi supplementari per prelevare l’acqua sotto il livello di fondo dei 20 milioni di metri cubi per tenere in vita almeno i rubinetti delle abitazioni. Poi una pioggia salvifica dopo qualche giorno rimediò al disastro.

Chiude l’esercizio irriguo con un mese d’anticipo, o forse più, rispetto ai tempi di maturazione dei raccolti. Un guaio per migliaia di aziende. Come ci si difende in questi casi? Non sono mancati atti di vandalismo alle condotte, nelle settimane precedenti alla «Grande sete» che sta per cominciare. Forse agricoltori disperati, comunque usurpatori di un bene pubblico anche a fronte di una palese e incontrovertibile ragione. Monta la rabbia ora che i raccolti si rischia di vederli marcire alla pianta, questa ennesima siccità non può trovare una spiegazione plausibile che non nell’inettitudine di chi ha avuto decenni per programmare nuove infrastrutture e non l’ha fatto. Andava forse meglio tutelata e difesa l’acqua che entra nei quattro invasi (Occhito, Capacciotti, San Giusto sul Celone, Osento). Bisognava puntare i piedi su Piano dei Limiti, la condotta Puglia-Molise (appena 11 km.), le opere mai nate e chissà mai se si avrà la forza, almeno adesso, di portarle a compimento. 

E’ il fallimento della pianificazione politica e imprenditoriale, forse la vera calamità ben più della siccità stessa che è ciclica in questo territorio “sitibondo” come lo definiva Orazio sin dal 65 avanti Cristo. E allora, di cosa ci dobbiamo ancora sorprendere?  

Primavera 2000, le idrovore nella diga di Occhito pescano l’acqua dal fondo per l’erogazione potabile

 

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