Sui migranti, che si vogliono sottomessi, si abbatte lo «Ius Scholae»

«Ius Scholae», quando la politica trova il modo di dividersi anche davanti a una causa doverosa. Ma, si sa, sui migranti è sempre stato facile speculare. Così concedere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati che completino un ciclo di studi (i 5+3+2 anni delle scole dell’obbligo pare la proposta più sensata) apre inaspettatamente una crepa nel governo meloniano di destra destra. Ora Forza Italia, folgorata sulla via di Damasco (leggi: famiglia Berlusconi) insiste sul varo di una riforma di civiltà. Applausi, finalmente. Ma come al solito le dietrologie sono dietro l’angolo: è in gioco la supremazia FI-Lega nel governo e il nuovo corso più centrista imboccato dal partito dei Berlusconi. Ma in questo modo il lettore, sempre più frastornato da retroscena e sottintesi, viene travolto dalle mille inutili parole in libertà scagliate dall’una e dall’altra parte, quando sarebbe necessario soffermarsi sul vero contenuto della proposta. Un male antico della nostra politica e del nostro giornalismo, purtroppo.

Nemmeno una parola, infatti, sulle considerazioni degli analisti dell’Inps e della Banca d’Italia a proposito dell’incremento fiscale che deriverebbe da una maggiore e più puntuale integrazione dei migranti, ancora invisibili nonostante vivano stabilmente in Italia da decenni. Per prendere la cittadinanza oggi occorrono qualcosa come vent’anni, sempre che il migrante dimostri di avere un reddito stabile mensile di almeno 600 euro (equiparato al minimo riconosciuto delle pensioni di anzianità), di 1200 euro in caso di coppia e con figli a carico. Paiono leggi antidiluviane mentre il mondo corre da un’altra parte e il nostro paese si spopola di giovani continuamente attratti dall’estero, accolti spesso a braccia aperte (specie i laureati in discipline mediche). E invece da noi la supposta integrazione punta il dito sulle minacce dell’italianità a rischio, alimentate soprattutto dalle differenze per biechi fini elettorali o di casta sociale. Per il mondo civile dovrebbe essere una grande operazione di giustizia, mettere finalmente a regime i tanti migranti che popolano le nostre città. Sarebbe anche uno sdoganamento verso la conquista di maggiori diritti, ma attenzione il punto è proprio questo: i migranti si vogliono sottomessi, il tetto di cristallo per loro è rappresentato dai lavori umili che gli italiani (non importa se sfaccendati o disoccupati) non vogliono più fare. C’è posto solo lì in effetti… 

La proposta di Forza Italia avrebbe persino la parvenza di una mossa anti-casta, se non provenisse da un partito fondato da un plutocrate i cui governi mai ebbero visione su certi argomenti. Sembra oggi qualcosa di rivoluzionario nel malmostoso mondo di una linea governativa sempre uguale a se stessa: il taglio del cuneo fiscale ancora una volta promesso e chissà se mantenuto, i tagli agli investimenti per aumentare le sempre più fameliche richieste dei ministeri. 

Stessa storia, insomma, ma confidando in sviluppi successivi concediamo alla proposta di FI sullo «Ius Scholae» almeno il privilegio di una divagazione nella ripresa settembrina. 

 

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