Gargano, con il turismo in ciabatte non si va lontano

Numeri anche quest’anno altisonanti per il turismo sul Gargano. Due, tre milioni di presenze solo nell’hinterland di Vieste, si superano i cinque milioni sulla corolla delle “quattro sorelle” del promontorio da Mattinata fino a Rodi. Un enorme flusso di vacanzieri concentrati in appena due mesi dell’anno (luglio e agosto). Ma è ancora il caso di crogiolarsi su questi risultati? Guardiamo più alla sostanza di un fenomeno che si ripete come un disco rotto. Allora, di quale turismo parliamo? Povero e di villeggianti di poche pretese, salvo qualche eccezione. Lo struscio di Vieste è un colpo d’occhio formidabile: famiglie con la busta della spesa, anziani a prendere la boccata d’aria. I bar e le gelaterie sono piene, nei ristoranti c’è la clientela che ha sostituito la roulotte o il camper (che comunque resistono baldanzosi) con l’albergo tre stelle, tipologia che va per la maggiore sulla costa dello Sperone. Una consolazione c’è, anzi più di una: il Gargano tiene a galla i conti del turismo pugliese, dopo la batosta del -25% di presenze rilevato alla prima settimana di Ferragosto nel resto della Puglia al declamato e sopravvalutato Salento (qualche operatore confida in dati di settembre migliori, complice la bassa stagione). 

Ci si può accontentare di un trend piatto e andare avanti, come del resto fa la gran parte degli albergatori? Agli operatori questo genere di discussione fa venire l’orticaria, tenere aperto tre mesi all’anno e poi godersi i guadagni generosi autunno/inverno è un lusso non da pochi. E infatti gli alberghi aperti da fine settembre sul litorale si contano sulle dita di una mano. Si salvano i b&b che tengono accesa la fiammella del turismo esperienziale e fuori stagione. Parliamo comunque di presenze risibili (molte straniere). 

Ribadiamo la domanda: può crescere un turismo così strutturato? Assolutamente no e basterebbe guardarsi intorno per rendersene conto: le differenze fra Vieste e, mettiamo, Riccione (se parliamo di regine del turismo) si notano ad occhio nudo: dai ristoranti ai lidi, dalla spazzatura al traffico urbano. E si potrebbe continuare. Non è il caso di scomodare uno dalla puzza sotto il naso come Flavio Briatore per capirlo. 

Il Gargano ha scelto di accontentarsi contravvenendo alla volontà dei padri. La Pugnochiuso voluta da Enrico Mattei, morto troppo presto per strutturare meglio un’idea, ospitava il primo jet-set degli anni Sessanta; l’hotel Pizzomunno del milanese Michele Di Marca è stato per decenni l’emblema di un turismo patinato e di assoluto livello. Non doveva essere quello il format turistico del Gargano più autentico? Lasciò tracce di un’antica nobiltà meneghina il conte Rusconi con la sua “Gattarella”, la baia che conserva l’aura di un’antica suggestione ancor oggi esempio tra i più virtuosi. Non mancarono, sessant’anni fa, nemmeno i costruttori locali: su quelle vestigia Natalino Notarangelo, viestano purosangue, ottenne la licenza numero 1 con l’hotel Merinum.

Il percorso sembrava già tracciato, ma poi qualcosa si è inceppato. E nessuno sembra in grado di invertire la rotta. Anche il turismo da diporto scansa il Gargano. I sei posti barca dei super-yatch di Marina del Gargano (Manfredonia) sono quasi sempre vuoti. Qualche anno fa la barca di Giorgio Armani, avvistata all’ancora di Vieste, girò al largo non avendo ricevuto referenze dettagliate sui luoghi a terra. Neanche sui voli dall’aeroporto di Foggia si fa troppo affidamento per allargare la schiera dei vacanzieri: primo, perchè per i pacchetti volo+soggiorno per l’estate 2025 è già tardi; secondo, perchè gli albergatori non si mettono certo a programmare adesso, dopo le stanchezze accumulate di fine stagione… Se ne riparlerà in primavera.

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Barche all’ancora a Vieste

 

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