Il ministro Sangiuliano e il declino di Pompei

Le mille risorse della commedia all’italiana o della politica italiana, ormai pari sono: eravamo fermi al treno del ministro Lollobrigida e alla pistola dell’on. Pozzolo (gennaio), quasi quasi cominciavamo ad annoiarci. Per la verità qualche avvisaglia era già stata notata negli sfondoni a ripetizione del ministro (alla cultura…) Gennaro Sangiuliano, “Genny” per gli amici: Time Square spostata da New York a Londra, Cristoforo Colombo coetaneo di Galileo Galilei, Dante Alighieri padre del pensiero di destra, l’ammissione di non aver letto i libri alla cinquina del premio Strega nonostante il ministro fosse tra i giurati. Insomma cosucce del genere preannunciavano il colpo di cannone che difatti, per i più impazienti, è arrivato a stretto giro nella torrida estate 2024. 

E’ così che sulla base di questi precedenti, occuparsi oggi del ministro Sangiuliano sarebbe come sparare sulla croce rossa. Dopotutto la vicenda del responsabile della Cultura, preso a pesci in faccia da una collaboratrice-amante su storie di scontrini e un contratto saltato, potrebbe essere derubricata a una storia da buco nella serratura senza una pervicace propensione all’autolesionismo. Può interessare insomma solo ai guardoni. Poi però c’è il profilo istituzionale fortemente minacciato e qui la faccenda si complica. Il coinvolgimento di una signora senza incarichi alle riunioni di preparazione del G7 cultura, i timori per la sicurezza paventati già da alcuni paesi che parteciperanno all’evento del 19-21 settembre in Campania, lo sperpero di denaro pubblico in scorte e inviti a cena e chissà cos’altro potrà ancora venir fuori. Tutto questo sì che riguarda tutti noi. 

Ma prima che il cittadino possa passare dall’ilarità all’indignazione, dovendo assistere a tutto questo, dovrebbe pensarci il governo a tutelare l’onorabilità del popolo italiano. Come? Mandando a casa il ministro boccaccesco, spegnendo sul nascere la minaccia diplomatica che qualche paese coinvolto nel G7 adesso adombra visto che informazioni riservate sull’organizzazione del G7 sarebbero state registrate dalla bionda, al seguito del ministro, non autorizzata a stare lì. E invece è proprio il governo ad aver tenuto in vita Sangiuliano fin dal 26 agosto, a respingere le sue dimissioni (ora finalmente accettate), a fare in modo che non si spenga il bailamme mediatico scoppiato a tutte le latitudini.

Così la narrazione va ormai a ruota libera, sui  fatti e misfatti (tutto documentabile) potremmo ascoltare nuovi retroscena che la signora originaria di Pompei, abilissima a maneggiare i social, minaccia ora di diffondere attraverso giornali e siti web che già traboccano delle sue parole. Ci saranno ragioni di stato, chiamiamole così, se il mediocre ministro non ritiene, lui, di dover togliere il disturbo. Ma in questa storia, che è pure se non soprattutto una storia di donne, il sacrificio vero e sovrumano rischia di pagarlo a caro prezzo proprio Giorgia Meloni con la storia del complotto costruita ad arte contro il suo governo (da chi?) E per questo Sangiuliano «si tiene là». 

Maria Rosaria Boccia sarà pure una spregiudicata predatrice, di quelle che bazzicano con insistenza i palazzi del potere a caccia della preda di turno (e Sangiuliano c’è cascato in pieno). Ma chi ha provato a farla passare per la “Pompeiana” di turno e via, e’ stato colto in contropiede dalla bionda e sorridente campana che con le sue registrazioni, le prove documentali raccolte all’insaputa di chi aveva di fronte, mette spalle al muro l’arroganza del potere («Le parole di un ministro valgono più delle tue»), minaccia l’impalcatura che si nasconde dietro i drappeggi e le scalinate di marmo dei palazzi capitolini. 

Il potere è per antonomasia una commistione di affari spesso inconfessabili. Purché la gente lo sospetti soltanto. Meglio non sapere nel dettaglio cosa c’è  dietro le quinte, come minaccia di fare Boccia con le sue registrazioni captate e le immagini catturate con le lenti Sky Glass negli uffici del ministero. E’ così che si smarrisce il senso del dovere già minacciato da una spaventosa scollatura – evidenziata dai dati di affluenza alle urne – tra politica e cittadini.

Maria Rosaria Boccia e il ministro Sangiuliano

 

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