Al Policlinico botte ai medici e ingressi «morbidi»

Pure i pazienti più miti adesso alzano la cresta. La deriva di violenza al policlinico di Foggia suscita effetti emulativi tra le cosiddette brave persone: ieri mattina un distinto signore che attendeva da «troppo tempo» il proprio turno, si è messo a urlare nella sala d’aspetto in un reparto minacciando, questa volta soltanto verbalmente, medici e infermieri. Era andata peggio lunedì 9 settembre al Pronto soccorso, il personale di servizio preso a colpi di braccio ingessato di uno degli esagitati parenti di un paziente in sala d’attesa.

Siamo all’assurdo, ma forse anche questo è un segno dei tempi. Sono gli effetti della «scollatura» all’interno della società civile, come afferma monsignor Giorgio Ferretti vescovo di Foggia. Ma le botte ai medici del Policlinico Riuniti come accade anche altrove (martedì altri casi a Casarano, Torino e Bari), sono un ossimoro che non si spiega: come si può dare addosso al proprio guaritore?

Va anche aggiunto, come analisi più approfondite hanno rivelato, che a Foggia come altrove è molto facile per il cittadino sentirsi improvvisamente trattato come un suddito all’accettazione. «Ero qualche anno fa al Pronto soccorso, un ragazzo non venne fatto entrare subito: non era grave e c’erano casi più urgenti… ma poi un altro ragazzo entrò lo stesso, conciato quasi come il primo. Chiesi le ragioni di quella differenza, a gesti mi fecero capire che in quel caso non si poteva dire di no…». Sono le parole di Lorenzo Lo Muzio, medico e rettore dell’università di Foggia, pronunciate martedì 10 settembre al policlinico davanti a una selva di microfoni e telecamere, al suo fianco il direttore generale del policlinico, Giuseppe Pasqualone e la prorettrice Donatella Curtotti: l’università è scesa decisamente al fianco in difesa del buon nome dell’ospedale e della tutela degli oltre quattrocento Specializzandi. «Qui facciamo assistenza di qualità, siamo un grande policlinico, meritiamo rispetto», ha puntualizzato il direttore generale.

Ma è balzato subito all’occhio un problema di sicurezza e di criterio negli accessi al Pronto soccorso come anche nei reparti. Davanti allo sconcerto delle aggressioni, Lo Muzio prende il toro per le corna e suggerisce quella che può essere una chiave di lettura dei disordini di questi giorni: il libero ingresso, a volte sotto minaccia, di chiunque alzi la voce. 

Pasqualone ha già rafforzato la vigilanza al Pronto soccorso: i vigilantes di guardia sono passati da 4 a 6. E’ solo una prima misura: «Qui si tratta di riprogrammare un sistema di security con personale specializzato», l’ipotesi formulata dalla direttrice amministrativa Elisabetta Esposito. Un’analisi suggerita dal caso di Natasha Pugliese, la 23enne che ha perso la vita in Chirurgia toracica, notizia a cui ha fatto seguito la folla inferocita di parenti e amici che si è riversata in ospedale per chiedere conto ai medici di cosa fosse accaduto. «E’ evidente che il filtro agli ingressi non funziona più se cinquanta persone possono invadere un reparto, com’è successo fa in Chirurgia toracica per andare a picchiare medici e infermieri», è stato evidenziato nel corso dell’incontro convocato dal dg dei Riuniti.

 L’aggressione seguita alla tragedia della povera Natasha, deceduta dopo due mesi di ricovero per un incidente stradale, ha scoperchiato una serie di consuetudini, forse qualche abuso, stratificatosi negli anni: chi dovrebbe disciplinare gli ingressi, spesso al pronto soccorso, non lo fa come dovrebbe perchè rischia grosso. Come dargli torto? E’ così che millantare amicizie particolari, presentarsi con fare minaccioso, vantare parentele con boss e gregari diventa un passe-partout abbastanza efficace per entrare e farsi valere. E provare a farsi giustizia da soli. No, non è da paese civile.

 

Tag: Nessun tag

I commenti sono chiusi.