La “bionda” del Gargano, l’arancia che brucia i tempi

La Bionda, la Duretta e il Femminello… L’arancia del Gargano, dai nomi così evocativi, è diventata ancor più ammaliante in queste giornate di caldo fuori stagione. Vedere per credere, fare un salto in questi giorni dalle parti di Rodi, Vico e Ischitella è uno spettacolo a cielo aperto, consigliabile tuttavia andarci in una bella giornata di sole. Il clima mediterraneo, caldo e favorevole di questo nostro strano inverno per la verità non piace a tutti, ad esempio ai produttori dell’unica arancia coltivata a Est d’Europa. La vista sui pendii del promontorio, dicevamo, è spettacolare: tante palline arancioni pendono dagli alberi, quando a quest’ora quale stesse “palline” dovrebbero essere di color verdino, verdognolo. L’arancia garganica di questi tempi è acerba, non si raccoglie. E invece… L’abbiamo assaggiata e si può dire sia già pronta. 

Ma gli alberi, per il momento, restano al loro posto. A far bella mostra di sè come tanti pini natalizi: questi sì, decisamente d’attualità. Le distese dei mille ettari che ricoprono il distretto dell’arancia bionda e diretta che dir si voglia, fanno di questo comprensorio dell’agricoltura foggiana il luogo forse più atipico per la nostra agricoltura. Pensate: quella sullo Sperone d’Italia è l’unica realtà agrumicola esistente sulla costa adriatica, roba da fare ombra alla ben più rinomata e conosciuta arancia rossa di Sicilia.

Abbiamo visitato il Consorzio di tutela dell’Arancia del Gargano, ci siamo fatti guidare attraverso i 15 ecotipi di arancia amara, i 14 di arancia dolce, i 5 di limone (tra cui il femminello e il dolce) da due imprenditori che hanno dedicato alla passione agrumicola il loro ingegno e l’attività di produzione: Giovanni Laidò, presidente del consorzio di tutela e Luigi Vecera, titolare dell’omonima Agricola Vecera perfetto connubio tra innovazione e tradizione. 

Ma concentriamoci un attimo sul Consorzio, la sua sede incastonata nel centro di Rodi Garganico: una palazzina ora disadorna, ma che presto sarà rammodernata e messa al servizio degli iscritti. Tutto intorno c’è però il vero patrimonio presente e futuro, il giardino botanico delle più variegate specie e innesti. Il laboratorio dell’arancia garganica è praticamente tutto all’interno di un’area verde immersa tra i palazzi circostanti. 

«Il Parco della biodiversità genetica – dice Giovanni Laidò – è il punto di partenza della nostra azione per la valorizzazione e la tracciabilità dell’arancia bionda e del femminello garganico. In quest’oasi agrumaria – aggiunge – abbiamo il nostro quartier generale, è il luogo nel quale stiamo riscoprendo il gusto e il valore di una produzione autoctona, un autentico miracolo grazie al microclima di quest’area. Faremo anche il recupero edilizio della palazzina, la rinnovata sede del Consorzio di tutela ospiterà al primo piano i nuovi uffici e al pian terreno la sede del primo Museo della Cultura e della tradizione agrumaria del Gargano, ci piacerebbe raccontare attraverso foto, immagini e testimonianze dell’esperienza dei produttori un’arte agricola che affonda le radici in oltre 15 secoli di storia».

Il press tour promosso da ME.Ta Dauna ha acceso i riflettori su una realtà ancora poco conosciuta dell’agricoltura foggiana, benché importante e identitaria di un popolo. Oggi le arance del Gargano sono quasi invisibili sulle nostre bancarelle un po’ perchè matura a fine inverno, un po’ anche perchè non c’è marketing intorno non essendoci un adeguato budget a supportarne le spese. I guadagni, dicono gli agricoltori, a malapena sono sufficienti per coprire i costi di coltivazione e produrre l’arancia sui terreni scoscesi del Gargano non è affatto uno scherzo. Eppure l’arancia bionda non può mancare per tutta quella schiera di consumatori (non soltanto garganici) che aspettano l’arancia “fuori stagione”, l’acquistano nei mercatini e che sparisce in poco tempo poichè i 200 quintali a ettaro di produzione oggigiorno non consentono di promuoverne un consumo su più larga scala.

Ma oggi, dicevamo, c’è il fattore climatico a complicare un tantino le cose. Perchè l’arancia bionda del Gargano (con tutte le sue connesse derivazioni) matura in genere alle soglie della primavera, la certificazione IGP (identificazione geografica protetta) ne obbliga infatti la vendita dal 15 aprile e qui invece la gran parte di bionda sarebbe già pronta tra meno di un mese. I frutti saranno tutti marcite sugli alberi a quel tempo?

«Stiamo cercando di anticipare i tempi per la raccolta e la distribuzione – risponde Luigi Vecera – ovviamente dobbiamo farci autorizzare dall’ente di certificazione. Purtroppo il clima quest’anno non ci permette di fare un tipo di programmazione, parliamo di una coltivazione che nella maggior parte delle aziende avviene a titolo familiare, i raccoglitori della mia azienda ad esempio siamo io, mio padre, mia moglie e il nostro aiutante Isaac che sta con noi da diverso tempo. E’ una produzione ancora povera, ma che noi contiamo di incentivare anche nel consumo del succo d’arancia e altri derivati di cui si sta occupando la nostra azienda agricola».

 

 

 

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