L’auto elettrica non arriva. E Tavares va via (…insieme a Del Carmine)

C’è la Stellantis di Tavares e quella di Michele Del Carmine andato in pensione dal 1° dicembre dopo quarantatré anni con un senso di smarrimento sullo stomaco. Il ceo, dimissionario nello stesso giorno, avrà invece ben poco da smarrirsi con una liquidazione monstre di quasi cento milioni di euro, un po’ meno della Marta Fascina vedova (mancata) del fu Silvio Berlusconi. Quando si dicono le similitudini. Dev’essere saltato qualche algoritmo se ormai certi numeri, in alzata e in discesa, vengono applicati all’impazzata su beneficiati e malcapitati (la maggior parte) di turno. 

Ne sanno qualcosa gli operai di Stellantis «in cassa integrazione anche nel 2025», ricorda Del Carmine nel suo triste commiato, mentre quelli delle ditte appaltatrici il posto lo hanno già perso da tempo a causa della politica di tagli del management. Sono questi, in fondo, i risultati più tangibili che lascia il manager portoghese chiamato nel 2021 a rilanciare l’automotive nel Vecchio Continente in un’inedita Santa Alleanza fra la Fiat e il governo francese. Ma dev’esserci stato nei programmi industriali un corto circuito se le principali case automobilistiche riunite nell’asse motoristico (Peugeot, Citroën, Ds Automobiles, Opel e Vauxhall Motors) invece hanno visto sempre più ritrarsi il rispettivo mercato di riferimento con la vecchia cara Fiat nel 2024 non ancora concluso che registra un calo storico, -43% di vetture immatricolate. 

Doveva essere, il decennio in corso, l’era del passaggio graduale all’auto elettrica nel senso che le vetture alimentate a batteria, già in circolazione al tempo del varo di Stellantis, avrebbero dovuto essere rese più abbordabili in termini di costi per il largo consumo. Così non è stato, anche se non è solo colpa di Stellantis e l’Europa oggi è costretta a mangiare la polvere delle fiammanti e iper tecnologiche auto cinesi. 

Di auto elettriche europee se ne continuano a vedere poche in giro, i costi continuano a essere esorbitanti (in media 2-3mila euro in più rispetto ai motori a combustione), l’obiettivo «zero emissioni» nel 2035 fissato dall’Unione europea con questi ritmi non sarà raggiunto. Così era sembrata la mossa della disperazione quella di Tavares, non più tardi di un paio di mesi fa, invitare i governi a finanziare i costi ingentissimi di una transizione che sarebbe dovuta cominciare almeno una decina di anni fa. Oggi per accelerare i tempi bisognerebbe ricorrere a investimenti massicci per la costruzione delle batterie innanzitutto, in questo modo i contribuenti lo pagherebbero due volte il passaggio all’elettrico. Visto in quali mani siamo messi, la speranza è che la Stellantis del futuro, oggi temporaneamente affidata a John Elkann, rifugga da certi propositi per rimediare allo spaventoso accumulo di ritardi nell’epoca Tavares. 

La situazione negli ex stabilimenti Fiat sembra vicina al collasso, sospensioni produttive sono già state annunciate dall’azienda ai sindacati negli stabilimenti di Termoli, Pomigliano d’Arco, Pratola Serra. I metalmeccanici lo sanno bene, la cassa integrazione in un settore soggetto alle altalene del mercato è un compagno di viaggio per tutta la vita lavorativa. Ma quando si va in pensione poi si paga il conto: «E’ vero – scrive Del Carmine nella sua lettera aperta – la cassa a volte diventa un sollievo, concede il tempo per riposarsi da turni a volte asfissianti, ma poi quando arriva la busta paga è come se ci cadesse un macigno sulla testa. E dopo 43 anni si percepisce uno stipendio da fame». 

La santa alleanza di Stellantis non solo non ha funzionato, ma ha prodotto altre povertà in Europa. Se i lavoratori della galassia paneuropea sono tutti un po’ più poveri, non va meglio ai consumatori che quelle auto dovrebbero comprare. 

Doveva essere il decennio 2021-2030, l’epoca di un nuovo Illuminismo, contrassegnata dalla transizione verso un mondo più pulito, si sta trasformando invece in un’altra era di cupo oscurantismo. «Volevo andarmene con un messaggio di ottimismo – annota Del Carmine – lascio invece con un senso di amaro in bocca a un po’ di preoccupazione per i chi ha ancora molto da lavorare, con la cassa integrazione sempre in agguato e il timore che gli investimenti promessi non ci saranno più».

 

Uno stabilimento Stellantis, sotto Michele Del Carmine

 

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