Tutti in ginocchio da Trump, tranne uno

Davanti alla folla di questuanti, che in queste ore sgomitano per una postazione di visibilità davanti al nuovo imperatore, c’è un giudice che prima dell’incoronazione macchierà la fedina penale di Donald Trump. Juan Merchan, il prossimo 10 gennaio, emetterà la sentenza nei confronti del rieletto presidente degli Stati Uniti già condannato l’estate scorsa per violenza sessuale sul caso Stormy Daniels, la pornostar che il Tycoon pagò con 130mila dollari falsificando documenti affinché la donna non rivelasse i contenuti della vicenda avvenuta quando The Donald era in campagna elettorale nel 2016. 

La condanna naturalmente non impedirà a Trump di salire al soglio presidenziale, il 20 gennaio, ma ne potrebbe segnare il percorso: se non sul piano polico/amministrativo (Trump sarà il primo presidente condannato ad essere eletto nella storia degli Stati Uniti d’America), sul suo cursus honorum. La sentenza del giudice della contea di New York non sarà seguita da una pena oltre ad essere priva di effetti pratici nell’esercizio del mandato presidenziale, ma lascerà un’impronta indelebile nella storia della più grande democrazia del mondo che forse sarà analizzata a mente fredda solo dai posteri. 

Il giudice infatti appare solo in questa battaglia: persino la Corte Suprema (che potrebbe però ancora fermarlo, si sta valutando come), aveva insistito sul principio di immunità a tutela dei presidenti, sebbene Trump fosse in campagna elettorale quando fu condannato. L’azione caparbia e giuridicamente inattaccabile di Merchan smonta proprio questo principio: Trump non era ancora stato eletto quando è stata pronunciata la condanna, la sentenza (sia pure senza pena, o con pena sospesa) va dunque necessariamente emessa.

L’iniziativa di Merchan ha un valore inestimabile per tutti coloro che non si allineano di fronte al nuovo Ordine Mondiale. Trump e il suo fido Musk incarnano il Potere che “non guarda in faccia a nessuno”, una sorta di Marchesi del Grillo planetari che minacciano di voler mettere in riga chiunque non si trovasse dalla loro parte. Se non venisse l’orticaria ad affrontare certi ragionamenti, verrebbe voglia di fare il tifo per certi altri poco raccomandabili testimonial del “pensiero unico” come Putin e Xi Jinping che quantomeno impersonano l’altra faccia del pianeta e comunque potenzialmente in grado di tener testa alla nuova diarchia.

Fa un certo effetto notare come i padroni delle Big Tech mondiali, i vari Bezos (Amazon), Zuckemberg (Meta), Altman (Open Ai) si mettano trafelati in coda pur di farsi notare dal Tycoon e di finanziarne l’ascesa sempre spalleggiato dal demiurgo della Tesla e di Space X. Lo faranno forse anche per tutelarsi da un punto di vista imprenditoriale, per non trovarsi spiazzati di fronte alla debordante ascesa di Musk che entra a gamba tesa su tutti gli argomenti più sensibili (assetto dei governi, amministrazione interna, ovviamente dominio della comunicazione). Ma non si diceva, fino a qualche tempo fa, che il mondo era nelle mani delle quattro o cinque “Grandi sorelle” e che gli stati, la politica mondiale sarebbe finita sotto schiaffo?

Trump-Musk possono sovvertire un meccanismo infernale, ma la sensazione di finire dalla padella alla brace in questo momento appare molto più forte.    

 

 

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