Il bimbo al gelo nella culla degli ipocriti

La culla vuota e un numero, solo un numero, a contrassegnare quel piccolo fagotto. Più nulla: chissà se il neonato del quartiere Poggiofranco, Bari, avrà ricevuto almeno una lacrima ad accompagnarne il simultaneo ritorno a casa. Tradito dalla culla termica, dicono gli uomini testimoni del caso, tra sgomento e rassegnazione. O piuttosto dall’ignavia di un mondo a cui ipocritamente non resta che interrogarsi su cosa non abbia funzionato, in quella culletta lasciata al gelo. Perchè forse è meglio non avventurarsi in analisi più complesse: non abbiamo più il tempo per farlo, presi dalle nostre mille faccende. Perciò concentriamoci sul timer malfunzionante, il telefono fuoriposto, lo squillo sul telefono del parroco mai arrivato. 

Le indagini accerteranno le responsabilità, ultima consolazione in questo come in decine di altri casi drammatici. Ma c’è poco da accertare se un destino così ineluttabile forse vuol dire altro. Pensiamoci un attimo: «Uno» – lo chiameremo così – era denutrito, c’erano escoriazioni sul corpo. La culletta difettosa ha fatto il resto. Liberando quell’anima da ulteriori strazi? 

La morte a volte solleva da sofferenze inaccettabili, non è solo il caso di chi ricorre all’eutanasia. Sui bambini, che quasi mai hanno la forza per decidere in autonomia, intervengono altre insospettabili soluzioni: pensiamo al decesso di Fortuna, la bambina di Caivano, scaraventata anni fa dal balcone dal compagno della madre che l’abusava sessualmente.   

L’afflato all’origine di ogni nascita inesorabilmente si arrende all’evidenza. Più prosaicamente, un terreno colpo di fortuna, avrebbe potuto ribaltare l’acerbo fato. Ma a volte non accade. Il piccolo, scaraventato nella culla, era già patrimonio dell’Ade: non potevano esserci altre possibilità per strapparlo a un ineffabile finale. 

Troppi i bambini lasciati al loro destino, la tragedia del mondo che si credeva non dovesse più accadere (o che potesse almeno ridimensionarsi) nell’opulento Occidente, è invece ancora tema di un’attualità estrema. Nella sola culla termica di San Giovanni Battista, la parrocchia del quartiere Poggiofranco, è il terzo neonato che viene abbandonato affinché qualcun altro se ne occupi. Ai primi due, più fortunati, è toccato un futuro diverso in quanto già affidati ad altre famiglie che se ne prendono cura da due e un anno. Per «Uno» invece non c’è stato nulla da fare e nessuno, a quanto pare, potrà almeno stabilire il perchè. Anche il parroco, dopo l’iniziale scoramento, si è avvalso della “facoltà di non rispondere”. 

Interrogare il mistero e il disorientamento che pervade le nostre coscienze, non è prerogativa delle nostre facoltà.

——

I rilievi della polizia scientifica davanti la parrocchia di Poggiofranco (Bari) 

 

Tag: Nessun tag

I commenti sono chiusi.