Il primo fotogramma, sfuggito ai più, della parata per l’investitura di Donald Trump è nella faccia compiaciuta di Rudolph Giuliani, ex sindaco di New York nonchè avvocato del Trump medesimo, fatto accomodare nella «Rotunda» del Campidoglio al posto dell’ambasciatrice dell’Ucraina, spostata e retrocessa all’istante nella sala accanto al rango dei visitatori.
E’ forse questo il primo segnale, certamente il più visibile, del nuovo corso degli Stati Uniti. Il secondo è nelle parole pronunciate dal 47mo presidente della più grande democrazia del pianeta sulla tregua Israele-Hamas minacciata dai due contraenti già al primo step: «Se si rompe sarà affare loro».
Trump eredita un’America che vive già un’epoca d’oro, come il tycoon promette di instaurare dopo l’uscita di scena di Biden. Il Pil interno ha superato quello cinese, la disoccupazione è stabile al 4,5%, il dollaro è quasi alla pari con l’euro. Numeri che semmai sarà difficile migliorare, ma la retorica trumpiana mista a propaganda di cui era venato il discorso di investitura non ammette repliche o controprove. Per ora.
Secondo alcuni commentatori, il primo scoglio di Trump sarà sul prevedibile scontro di genere. Il neopresidente “ammette” all’anagrafe solo due sessi, maschi e femmine, dunque niente matrimoni tra omosessuali e altre alchimie possibili già oggi negli Stati Uniti più progressisti. Probabilmente sarà questo uno dei temi caldi della prossima campagna elettorale per le elezioni di Mid-term (fra due anni), i Democratici potrebbero infatti incassare una cedola facile facile mandando a votare tutti quegli americani che avranno avuto a che fare con l’inferno trumpiano di una vita di coppia nel frattempo sospesa.
Trump e l’Europa, sarà un altro scoglio cruciale. A cominciare dalla Nato, primo banco di prova: il nuovo presidente chiede agli stati membri di portare al 5% del Pil le spese per gli armamenti, ma come la mettiamo con l’Italia “fedele alleato” che non raggiunge al momento nemmeno il 2%?
Sarà probabilmente questa la prima gatta da pelare per il governo Meloni, a quanto pare l’unica testa di ponte riconosciuta dal 78enne presidente tra gli States e il Vecchio continente. Ma c’è una montagna di altre questioni che l’elezione di Trump solleva, a cominciare dai dazi sull’export negli Usa. L’Italia, di dice, potrebbe accontentarsi di poco: in cambio dell’amicizia “patriota” si vocifera di uno sconto sul Parmigiano…
Giorgia Meloni si ritrova a giocare su più tavoli, ma non si può dire al momento che la mossa sia sbagliata. Anzi è una delle prime volte in cui l’Italia viene invitata a pieno titolo a sedersi al tavolo dei Grandi, politicamente parlando (sul piano dell’economia già ci siamo), anche se d’ora in avanti la premier dovrà armarsi di spirito da equilibrista per non inflazionare il ruolo dell’Italia nello scacchiere europeo.
Posizioni che potranno meglio definirsi sul sostegno all’Ucraina che l’Italia finora non ha mai fatto venir meno. Trump vuole chiudere le ostilità parlandone direttamente con Putin, ma forse non ha ancora fatto i conti con l’oste russo che la partita vuol chiuderla anche lui, ma a sue condizioni: cioè pappandosi il Donbass oltre alla Crimea già acquisita.
Per l’Italia non sarebbe un compromesso facile, anche se siamo già vaccinati a passaggi di campo repentini. Il problema è l’Europa, la sua inconcludenza politica e le sue divisioni interne che il nostro paese potrebbe girare a suo favore assumendo una posizione di primo piano alla guida dell’Ue, piuttosto che salire sul carro di Trump.
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Donald Trump e Giorgia Meloni a Mar-a-Lago (Florida) [Euronews]