Francia e Gran Bretagna, in forza della potenza nucleare, dettano adesso l’agenda europea nell’insolito punto di contrasto con lo storico alleato americano sulla difesa dell’Ucraina. L’Italia, in forza della sua osservanza trumpiana, riuscirà a sfruttare lo spazio di benevolenza guadagnato in questi mesi con Washington e assumere un ruolo decisivo, favorire un negoziato dai toni più concilianti? Mai come in questo momento, grazie all’assonanza del governo di Giorgia Meloni con l’amministrazione del tycoon, l’Italia può giocare un ruolo inedito sulla scena mondiale. Da vera superpotenza.
Ruolo tuttavia delicatissimo, quello della premier italiana. Non per questo meno insidioso: dimostrare di aver impostato con il potente uomo d’affari americano un rapporto alla pari e non di semplice vassallaggio che potrebbe ridursi a uno sconto sui dazi commerciali. L’Italia guidata dalla destra è naturalmente assisa su posizioni repubblicane, ma il destino nelle ultime settimane (la liberazione della giornalista Cecilia Sala, le simpatie con Elon Musk) l’aveva portata ad assumere posizioni di guida europea, l’unica voce in grado di avere udienza con il riottoso presidente a stelle e strisce.
La precipitazione degli eventi russo-ucraini, riportano inevitabilmente il nostro paese tra le fila dei comprimari, dove peraltro siamo sempre stati quando si tratta di metter su tavolo le sciabole. Questa volta però potrebbe essere diverso. La capacità diplomatica del nostro governo gode di vantaggi innegabili nel confronto con gli Usa, per la costruzione di un’intesa Usa-Ue al momento solo vagheggiata. Se l’Italia non affermasse il suo ruolo nella presa di posizione europea, avrebbero ragione i detrattori della nostra presidente del consiglio di considerarla alla stregua di una cheerleader (ragazza che organizza il tifo) di Donald Trump.
Qualche indizio lascia tuttavia temere il peggio per noi italiani. Il dato, ad esempio, che Meloni sia stata l’unica tra i leader europei a non offrire la sua solidarietà ed a confermare il suo sostegno al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo la brutale aggressione verbale nello Studio Ovale della Casa bianca, la dice lunga su un rapporto Italia-Usa tutt’altro che paritario. Meloni avrebbe inoltre potuto sfruttare la scia di un colloquio diretto con Trump, essere persino in grado di precedere Macron e Starmer – i primi a recarsi a Washington prima che venisse allestito il ring con Zelensky – ma non l’ha fatto. Se il silenzio della nostra diplomazia non è episodico, l’antefatto lascia intendere come su questioni di tale portata non bastino i sorrisi e i selfie di rito per accreditarsi nelle cancellerie che contano.
E’ inoltre un segnale di debolezza la reazione di Meloni con l’odiato Macron, dopo avergli contestato a quale titolo il presidente francese si fosse recato da Trump. Episodio che rivela un crescente nervosismo della premier confermato anche oggi a Londra al Foreign Office di Londra.
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La presidente del Consiglio Giorgia Meloni (credit governo.it)