Cuori pulsanti? Diciamo pure cuori di pietra. Una frangia ridottissima di obiettori (chiamiamoli così), non gradiscono l’opera di Felice Limosani ai Campi Diomedei: da quando si è diffusa la notizia (primavera scorsa) sono volati bisbigli e “bau bau” a più non posso. Sconosciuti i motivi di tanta acredine verso un’opera magari discutibile, come lo è qualsiasi cosa abbia a che fare con l’arte. Ma in fondo cosa importa conoscere il genere di critica? Lo sport del bastian contrario resta la pratica preferita di chi deve prendersela per forza con qualcuno o con qualcosa per giustificare le proprie inefficienze. E in giro fauna di questo tipo se ne trova in abbondanza.
Piuttosto val la pena di puntare i nostri riflettori sul piano istituzionale, lì dove si è forse sbagliato qualche passaggio. Verrebbe da dire, siamo alle solite. La giovane e inesperta amministrazione Episcopo ha prima intonato odi all’illustre artista foggiano per il generoso dono alla sua città, poi una volta raggiunta dalla risacca del disappunto di questo o di quell’altro, ha cominciato ad alzare qualche paletto: la decisione di nominare una commissione di esperti (dove sono? E su cosa?) è come gettare la palla in tribuna. E comunque se anche si fosse riusciti a insediarlo un consesso di questo tipo (previa approvazione del consiglio comunale, chissà se per dicembre ce l’avrebbero fatta fra nomina, insediamento e via libera), i leoni da tastiera non se ne sarebbero stati con le mani in mano. Garantito.
E passiamo al ruolo della Soprintendenza, probabilmente il vero ago della bilancia di tutta questa storia, l’Autorità vera e incontrovertibile sui beni ambientali e dunque sui campi Diomedei su cui ha messo la mordacchia fin da subito alle idee in libertà dei progettisti (vedi la polemica sugli alberi da alto fusto mancanti e per questo non c’è ombra). Eppure mai entrata in sintonia su questa vicenda sulle cose da fare con il Comune.
Mentre infuriava il dibattito (purtroppo molto social) sull’opportunità di piazzare quei cuori luminosi sullo skyline del parco, alla Soprintendenza pare già si sapesse del destino segnato dell’opera di Limosani, ben prima che l’artista ritirasse la sua proposta. Non solo una questione di altezze, anche se c’è un precedente: un paio di anni fa la Soprintendenza fece addolcire la sommità della collinetta che in lontananza avrebbe coperto la prospettiva sulle arcate dei Cavalli Stalloni, monumento illustri della Foggia da gustare di una volta, anno 1931, disegnato dal celebre architetto Marcello Piacentini.
Ma forse il passato può aiutarci a capire dove si è sbagliato e perchè. Troppi tentennamenti, richieste di pareri e quei silenzi dei cosiddetti “mecenati” che avrebbero finanziato l’opera con 250mila euro, modalità non del tutto compresa dal cittadino. L’opera di Limosani è stata travolta da una poltiglia di eccesso di democrazia e di riserbo ostentato che ha aperto praterie alle malelingue dei “fankazzisti”. Qualcuno ricorderà quando un’amministrazione comunale decise di piantare l’aereo G91 di Amendola sulla rotatoria in via Natola? L’orda dei pacifisti si scatenò minacciosa, c’è chi temette persino attentati dinamitardi notturni per far saltare uno “strumento di guerra”, che in realtà ha formato schiere di generazioni di piloti militari e civili. L’aereo per fortuna è ancora lì, vista rassicurante di tante giornate.
Chi vuole adesso provi a darsi una risposta: situazioni diverse, d’accordo, ma nel modus operandi fecero meglio quelli di prima, o quelli di adesso?
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In foto il render dell’opera ideata dall’artista