Sarà vera parità di genere se delle donne cominceranno a occuparsi seriamente anche gli uomini. Non ancora però ci siamo, dopo tanto parlare. Prendiamo quel che accade sui media e su quel che resta dei quotidiani cartacei proprio l’8 marzo: un profluvio di articolesse di donne che scrivono di altre donne.
Non mancano in questo giorno anche le misure a effetto: il governo vara il disegno di legge sul femminicidio punibile con l’ergastolo, Checco Zalone che lancia il suo video-parodia sul declino molto di maniera del “Patriarkato”. L’8 marzo come una festa patronale. Mimose a volontà, da domani poi si ricomincia.
I segnali di un peggioramento della condizione uomo/donna si susseguono sempre più minacciosi. Mai stati buoni quelli provenienti dai paesi del terzo mondo, dove alle bambine viene insegnato il concetto di inferiorità. Ma ora certi sintomi cominciano a picchiare duro anche in Occidente, se l’America di Trump cancella dagli archivi della Difesa centomila foto di soldati neri e di soldatesse che hanno combattuto e perso la vita in guerre di liberazione. E se, nella nostra piccola Italia, c’è ancora differenza di paga e di carriera con il genere maschile nello stesso ambito lavorativo.
Si dice «parità di genere», ma quando le parole diventano slogan perdono di efficacia. Come il termine «femminicidio», oggi quasi uno slang: lo dicevano già nell’Ottocento. Ma da quando movimenti femminili hanno insistito sulla correzione etimologica, i femminicidi in cronaca sono stati più ricorrenti degli omicidi.
Una volta c’erano i doveri di cavalleria a coprire sotto il velo dell’ipocrisia ataviche lacune. Oggi neanche più quello: a un convegno cui ha preso parte l’autore di questo articolo, la gentile signora esponente di un’associazione importante era stata fatta accomodare ai bordi del tavolo. E solo quando ha preso la parola le è stato consentito di posizionarsi un po’ più al centro, in modo che in platea la vedessero meglio: ha sdegnosamente rifiutato, rimanendo al suo posto.
Ebbene, alle donne di oggi (almeno quelle che se lo possono permettere) forse manca proprio questo: indignarsi all’istante, non nascondere disprezzo e riprovazione per ciò che viene fatto sotto ai loro occhi. Le donne occidentali – emancipate e intraprendenti (non si sa ancora fino a quando, se continua così) – dovrebbero riflettere sull’opportunità di una reazione oltre i luoghi comuni. Imparerebbero anche gli uomini a correggere meccanismi comportamentali mai sopiti, ma che oggi riaffiorano. Legittimati da silenzi e sofferenze interiori non dovute.