Le chiamano «aree interne», sarebbe meglio definirle «desolate». Perchè il senso di rabbia e di abbandono è più palese nei piccoli comuni. Il treno del PNRR sta passando (giugno 2026) senza lasciare traccia. L’Unione europea aveva destinato 30 miliardi di euro per favorire interventi come la coesione sociale e il riequilibrio territoriale nelle cinque regioni del Sud: dove sono andati a finire?
Il coordinamento nazionale dei Piccoli comuni, con il coriaceo portavoce Virgilio Caivano, continua a urlare nel deserto. Non ci sono orecchie, delle Regioni e del governo, disposte a sentire. E anche i comuni nicchiano. «Le aree interne, l’Appennino, la corona alpina, i nostri piccoli comuni con dieci milioni di cittadini, non hanno toccato palla. E a pagarne il prezzo sono le comunità locali, sempre più isolate e prive di servizi essenziali», urla la sua rabbia Caivano.
Non sembra esserci un disegno politico ben preciso alla base di questo caos. Ma piuttosto un’incapacità di fondo di programmazione. Ci sono i soldi, ma mancano i progetti. E quei progetti nessuno riesce a commissionarli: lo stesso sta accadendo per la riqualificazione dell’area di borgo Mezzanone, occupata da 1500 la lavoratori extracomunitari che vivono da decenni nelle baracche. Anche su quell’area ci sono 54 milioni da spendere, ma non si sa da dove partire.
Eppure l’impressione è che questo vuoto amministrativo potrà ritorcersi contro l’ignavia di un potere che considera i piccoli comuni troppo deboli elettoralmente per poter alzare la voce. Sì, perchè sono sempre più numerosi i casi di famiglie, provenienti dall’estero, che decidono di acquistar casa nei comuni dei Monti dauni e del Gargano come scelta di vita. Sono luoghi scelti perchè garantiscono discrezione, aria buona, cibo genuino, il mare e la montagna incontaminati. A Bovino, Alberona, Orsara di Puglia se ne contano già decine di situazioni così. A Rodi Garganico, Mattinata, Vico del Gargano pure.
E’ sufficiente una buona connessione alla Rete (ma nell’entroterra ancora non ci siamo) perchè luoghi ameni e isolati diventino immediatamente appetibili. Poi con lo smart working l’incentivazione al trasferimento diventa una spinta formidabile. E’ una novità ancora impercettibile, i casi segnalati si contano sulle dita di una mano. Ma è una tendenza che andrebbe incoraggiata. E che le amministrazioni pubbliche tendono invece a ignorare.
«Nonostante i proclami – denuncia il coordinamento – i fondi non hanno prodotto scuole più efficienti, una sanità territoriale potenziata, una mobilità sociale più accessibile o un rafforzamento della pubblica amministrazione locale. Le risorse sono state gestite con norme sbagliate, raffazzonate e senza alcuna capacità di pianificazione da parte delle Regioni».
«La verità – aggiunge Caivano – è che il sistema istituzionale italiano, a partire dalle Regioni, si è dimostrato inadeguato. Si tratta di meri centri di spesa, nelle mani di grandi gruppi italiani ed europei, senza un reale impatto sulla vita dei cittadini. Non c’è stata alcuna visione meridionale dello sviluppo. Non c’è stato un piano strategico per ridurre il divario con il resto del Paese. Il Sud è stato ancora una volta lasciato indietro».
—-
Virgilio Caivano, portavoce del coordinamento nazionale Piccoli comuni d’Italia